Di Taranto ce ne sono due, con luci ed ombre: una parte nuova, più vicina alla zona industriale, che non comprende solo l’Ilva, ma anche rigassificatore, uno stabilimento della Marcegaglia, una raffineria dell’Eni, insomma, una sorta di Marghera del Sud, che certo ha contribuito a rendere la città molto inquinata, ma anche una delle più popolose in Italia. La seconda parte, invece, antica, affascinante, decadente, anche un po’ pericolosa come idea. Le due parti sono collegate dal ponte girevole.
Nella parte nuova non mancano negozi, il vialone con le palme che costeggia il mare e proprio lì vicino si trova un ristorante, che, a mio parere, vale la pena visitare: Pepe nero. Fantastica la burratina pugliese con la marmellata di pomodoro e le melanzane fritte, ma anche i gamberi crudi, la carbonara con il branzino che mi ddduole il cuore non aver assaggiato e il tiramisù spettacolare. Il locale non dista molto dal mercato coperto, che è piuttosto ristretto, ma dove si trovano tanti prodotti tipici. Uno su tutti, che non conoscevo ma mi ha conquistato: le pagnottelle. Premetto: odio i cetrioli. Invece, le pagnottelle così delicate e dissetanti, ho scoperto che mi piacciono un casino.
Per quanto riguarda, invece, la parte di Taranto vecchia, da segnalare la trattoria L’Orologio, vicino alla stazione dei treni. Fa le cozze in bianco aglio e prezzemolo, la pasta con le cozze che meritano proprio. Ci sono anche la frittura di calamari e gamberi e tanti altri piatti di carne e pesce buonissimi e a prezzo davvero modico. Buone anche le granite al limone e al caffè finali. Grazie dei consigli eno-gastronomici su Taranto a Palma D’Onofrio.
La torre dell’orologio, le pescherie, i palazzi della Taranto vecchia, il mare ricco di fauna a vista d’occhio meritano una passeggiata, di giorno possibilmente. Cozza – non nel senso di crostaceo – vedere come si stia costruendo un nuovo palazzo accanto al porto, per fare la sede di un centro studi del mare, invece di mettere a posto l’esistente. Le luci ed ombre in questa città si susseguono, con un pizzico di amarezza per quello che potrebbe essere e ancora non è.
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