10 riflessioni curiose sulla pizza, pizzerie, pizzaioli

Queste 10 riflessioni curiose sulla pizza, pizzerie e pizzaioli nasce dal fatto che sono riuscita a mangiare una pizza che mi ha fatto dormire 2 ore in una notte. Non rivelerò mai dove con esattezza. Lo sapevo, dovevo insospettirmi quando, all’entrata, appariva la scritta “Pizza” come quelle “Aperto” con le lucine rosse e verdi colorate, che si accendono e si spengono. Dovevo guardarle meglio quelle tende verdi, gialle ed arancioni: un pugno nell’occhio.

Il passaparola diceva che si mangiava bene. Entrando, poi, c’era tanto di attestato dell’accademia pizzaioli italiani e l’arredamento non era tanto chiassoso come fuori. Soffermandosi sul forno, però, il foro c’era, eh, ma la camera una era piccola e distrutta, il termometro manuale un po’ scassato. Il pizzaiolo faceva anche il cameriere. Poi c’erano tanti impasti, con i ceci, con i fagioli igp, integrale, normale, con la senatore Cappelli, con le farine dei Molini del Ponte. Fuori un bel cartellone con scritto lievito madre, che va sempre di moda.

Il listino? Non ricordo con esattezza, ma sicuro 3 pagine con 10/15 pizze a pagina. Forse troppe? Vabbè insomma, gli elementi che dovevano insospettirmi erano tanti. Però la pizza l’ho mangiata e non ho chiuso occhio, chi ha assaggiato un altro impasto invece ha avuto decisamente più fortuna di me. E mi sono chiesta come mai. Poi Cristian Zaghini e Moretti forni mi hanno fatto riflettere su tanti aspetti, che ora voglio condividere con voi. Pensateci prima di ordinare una pizza e capirete dove siete capitati!

Ecco le mie 10 riflessioni sulla pizza, pizzerie e pizzaioli:

1. In Italia è pieno di albi professionali, ma non esiste quello dei pizzaioli. E’ troppo spesso l’arte dell’improvvisazione. C’è poco da esibire.

2. Tante volte non sappiamo gli ingredienti che sono messi sopra la pizza. Fare una pizza con ingredienti di qualità costa in media 60 centesimi in più che una pizza con ingredienti scadenti.

2. Vediamo l’esterno, ma il retro banco è altrettanto importante indicatore della qualità di quanto prodotto. Il fatturato medio di una pizzeria è 260.000 euro in un anno. Eppure per le attrezzature bastano 20.000 euro, ma spesso non si arriva a spendere nemmeno quelli.

3. Il korasan è il grano che commercialmente parlando si chiama “kamut”. A guadagnarcene è Robert M. Queen, che però ne ha stabilizzato il prezzo. Esiste un certificato per realizzare pizze kamut. Insomma, il kamut è uno specchietto per le allodole.

4. Acido non vuol dire più digeribile. Farina e tempistiche vanno di pari passo. Il lievito madre è più costoso da gestire e soprattutto bisogna saperlo gestire, perché serve utilizzare la catena del freddo, tempi lunghi e non si recupera l’impasto se invenduto. Anche se il lievito madre ha gli stessi enzimi della nostra saliva. Il prodotto con lievito madre è pre-digerito, in pratica. Nella sostanza si trovano in giro pizze acide e basta, troppe volte.

5. Ogni materia prima ha le sue caratteristiche e bisogna adattarsi a queste per avere un buon prodotto. Le farine integrali, ad esempio, assorbono più acqua e si attivano prima. Si può avere un impasto elastico al 100% integrale o farro, ma serve passare per il processo di idrolisi. Ovvero si fanno lavorare con il 50-55% di acqua gli enzimi – da mezz’ora fino a 24 ore – che spaccano gli zuccheri. Voglio sapere quante pizzerie fanno l’impasto integrale così.

6. La cottura della pizza è importantissima. Legna o mica legna. Può rovinare tutto il lavoro fatto prima. Il forno deve essere bilanciato sopra e sotto. Tante volte in giro si trovano forni vecchissimi che gestiscono una sola temperatura. E non si sa bene quale sia.

8. Mangiamo un sacco di grano sloveno, dell’Est Europa senza saperlo. E per di più, come italiani, acquistiamo dall’estero ma rivendiamo solo nel nostro Paese. Perché gli altri si mangiano quello che producono. Chapeau al nostro Ministero delle politiche agricole.

9. Se vogliamo ben vedere la manitoba “figa” non è quella canadese, è quella australiana. Arriva a 15/16% di proteine, grazie alla peculiare escursione termica possibile in quelle terre. Ma tanto serve solo per impasti da lievitazioni lunghe e complesse, vedi panettone & C. Si può mangiare una pizza digeribile e ben fatta anche con una farina debole e il lievito di birra, persino secco.

10. Last but not least sulle 10 riflessioni sulla pizza e pizzerie. Se sei pizzaiolo devi sapere la matematica. Serve per calcolare la temperatura degli impasti, in base alla temperatura dell’ambiente, della farina e dell’acqua. Perché se la temperatura e l’umidità cambiano, cambia anche l’impasto. Ancora, serve per calcolare quanta passata, mozzarella e condimenti consumi, a quanto vendi il tuo prodotto e cosa ti resta. Ditemi, quanti pizzaioli lavorano così e deciderete di mangiare molta meno pizza, ma di migliore qualità.

Volete la ricetta di una buona pizza ben lievitata? Eccovela servita.

cucinaconrob

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